Prospero – è il nome shakespeariano del protagonista – è un commerciante di panni usati che vive alla periferia di Milano. La moglie è scappata in India per seguire un santone. La figlia, eroinomane, è in giro per il mondo in un itinerario autodistruttivo giunto all’ultimo stadio. Reso folle da questi rovesci esistenziali, Prospero ha trasformato la casa in un sacrario, un’isola fuori dal mondo dove accatasta miseri oggetti quotidiani: stracci e abiti smessi, fotografie e ricordi, piantine rinsecchite e un intero zoo di vecchi animali imbolsiti. Tutte tracce di destini perduti e senza senso che lui ricostruisce come in una realtà alternativa, estetizzante, modellizzata a suo uso e consumo, fra memoria, sogno e delirio. “La tempesta” è un’opera di grande forza spettacolare e di raffinate meditazioni. Una vicenda di lucida follia piena di suggestioni che ha consacrato Tadini ad altissimo livello in una tradizione che lo lega ai nomi di Pirandello e Volponi.In appendice alcune pagine inedite di Tadini per la versione teatrale realizzata da Andrée Ruth Shammah al Teatro Franco Parenti di Milano; foto di scena dello spettacolo.


Semiperiferia milanese. Sembra una storia di ordinaria follia metropolitana. Un’ingiunzione di sfratto ha un esito drammatico: l’inquilino si barrica in casa e spara sulla polizia. Pur di non abbandonare l’abitazione, alla fine si uccide, ma prima dell’ultimo gesto disperato ha un lungo colloquio con un giornalista a cui racconta la sua storia. Reso folle da rovesci esistenziali il protagonista aveva trasformato la sua casa in un sacrario, dove accatastava miseri oggetti quotidiani dotati per lui di un valore simbolico, tutte tracce di desitini perduti e senza senso che lui ricostruisce come in una realtà alternativa. Gli è fedele compagno un extracomunitario nero, anche lui un relitto sperduto, un senza destino.


STRALCI DI TESTO

 

 

Servizio su La Tempesta rappresentata al Franco Parenti per la regia di Ruth Shammah