Emilio-Tadini-parolefigureLa pubblicazione Parole e Figure edita da Matteo Bianchi e Carolina Leite è il frutto della scelta di disegni, appunti, citazioni dai quaderni ad anelli di Tadini reso possibile dal lavoro di conservazione e gestione dell’archivio presso la Casa Museo  Spazio Tadini fondata da Francesco Tadini e Melina Scalise. Gli appunti di Tadini sono stati accompagnati da testi di  Arturo Carlo Quintavalle e Anna Modena, Silvia Pegoraro, Paolo Di Stefano, Gianni Turchetta, Giacomo Raccis, Rosa Pierno, Francesca Priori, Tullio Pericoli, Giorgio Marconi, il tutto accompagnato dal supporto fotografico di  Maria Mulas e Marco Bellavita.

Quante parole dipinte –  scrive Matteo Bianchi nel testo “ (….)Sono almeno mille foglietti, pagine di diario, appunti, citazioni; matite che scrivono testo e parole fra i colori, lettere sull’arte in un mare di carte disegnate sul tavolo e trattenute fra gli anelli di un raccoglitore. E il mare come il cielo, in una stanza: l’atelier con le cose di tutti i giorni, oltre la finestra la stesura dei colori, il disegno di panni stesi al sole e la tela grezza mossa al vento in attesa dei segni. E ancora, matite di tutti i colori mischiate fra le carte al segno della scrittura. Nella sua varietà, l’insieme delle carte custodisce la differenza.
I frammenti del quotidiano, scaglie di pensiero, si accordano fra le pieghe della diversità: grande e piccolo, pieno e vuoto, comico e tragico, vicino e lontano fra memoria e progetto – in prospettiva, nel silenzio della pittura. L’arte della memoria suscita la distanza fra nostalgia e desiderio: altrove una volta, qui e non qui, adesso e mai in nessun luogo… c’era una volta la fiaba della pittura, creativa, senza tempo in libertà. (…)

Francesco-Tadini-1Dal testo di Quintavalle: (…) Tadini viene da Tel Quel, viene da Derrida, Roland Barthes, viene da De Saussure, viene dalla analisi dei linguaggi ma anche da quelli dell’immagine, e dunque da Courbet, da Cézanne, magari anche dalla critica pop inglese a quella americana, e viene, alla distanza, dalle riflessioni su Marx e su Freud condotte alla luce della ricerca sul linguaggio. Quindi, per rendere queste righe più funzionali, mi si permetterà di analizzare i fogli del blocco di appunti come un insieme anche perché il loro ordine sembra, dopo averli scorsi alcune volte, perfettamente funzionale a un assunto preciso, a una dimostrazione, quasi in vitro, della propria ricerca. Insomma una testimonianza di Tadini sul proprio modo di pensare la funzione dell’intellettuale. Non posso che fare mie le parole introduttive di Jean Louis Schefer alla mostra presso lo Studio Marconi “Colors & C0” del maggio 1970 2: “Le righe che seguono sono destinate ad essere lette attraverso un altro testo, quello del pittore; precisamente fra il suo testo e la sua pittura; fra questi due testi, come un foglio scivolato fra due pagine, un segnalibro inserito fra questi due piani per lasciarli rappresentare il loro volume”. In fondo il testo di Tadini, quello di questo gruppo di fogli, è uno spazio complesso dentro il quale queste righe potranno forse essere un sistema di appunti, magari solo un segnalibro per indicare la complessità dei due spazi, quello della lingua parlata e quello della lingua per immagini. O, meglio, delle diverse lingue parlate e per immagini che Tadini utilizza e collega fra loro. (…)
Un racconto che “restituisca l’immagine alla molteplicità vitale delle relazioni che la costituiscono”.

Emilio-TadiniDal testo di Silvia Pegoraro Metafisica pop, archeologia a-venire: (…) Un linguaggio intensamente figurativo ed espressivo, quello di Tadini, formatosi nel clima del “Realismo esistenziale”, ma lontanissimo da qualsiasi realismo ortodosso. Un linguaggio scaturito anche dalla riflessione sull’opera di grandi personalità “isolate”, non facilmente collocabili nell’ambito di movimenti e tendenze, come Matta, Giacometti, Francis Bacon. E, appunto, Giorgio de Chirico, che Tadini cita esplicitamente, parafrasando e amorevolmente parodiando i suoi manichini e i suoi oggetti metafisici. Così come dialoga con la Pop Art inglese, assai meno conosciuta, ma anche più complessa e raffinata di quella americana. Di essa Tadini coglie immediatamente l’aspetto simbolico e metaforico – che fa proprio, rielaborandolo in un’accezione originale – distanziandosi dalla maggior parte degli interpreti, portati ad evidenziarne l’aspetto puramente realistico-oggettuale : “Partecipazione diretta a una realtà quotidiana ? – si chiede Tadini a proposito della Pop Art – Non sembra: se è vero che una delle operazioni fondamentali della Pop consiste proprio nel dislocare gli oggetti e nel servirsene per rappresentare qualcos’altro, o meglio alludere a qualcos’altro”.
Un’arte, dunque, che attraverso le sue traslazioni metaforiche, le sue figurazioni allusive, sembra assolvere, ancora, a una sorta di funzione metafisica. Attraverso l’assimilazione e la rielaborazione di tutto ciò, Tadini giunge a creare un proprio nuovo “racconto” pittorico, lui che era così grande anche come scrittore.

Proprio questa “molteplicità vitale” è forse la cifra essenziale della pittura di Tadini, che è insieme drammatica urgenza del reale e incanto fiabesco, immagine del pensiero e immagine del sogno. Energia tale da trasformare l’evocazione del passato in progettazione del futuro, archeologia a-venire…”.

 

Melina Scalise

Testo critico sul libro Parole e Figure a cura di Melina Scalise