Emilio Tadini tra Archeologia e Metafisica

Dal 9 maggio al 9 luglio una mostra di Emilio Tadini in dialogo con De Chirico: “Emilio Tadini tra archeologia e metafisica” alla Galleria Gracis, inaugurazione alle ore 18 in Piazza Castello 16 a Milano.

Galleria Gracis è lieta di presentare la prossima mostra allestita negli spazi di Piazza Castello 16
dedicata al lavoro dell’artista milanese Emilio Tadini (Milano, 5 giugno 1927 – 25 settembre 2002).
Artista e scrittore poliedrico, Tadini ha indagato nell’arco della sua carriera una molteplicità di
tematiche, riunite solitamente in cicli, nella costante volontà di narrare la realtà a lui
contemporanea.

Il progetto di mostra si concentra sul ciclo di opere raggruppate sotto il titolo di Archeologia e
Archeologia con de Chirico, realizzate da Tadini nei primissimi anni ’70. In esse emerge la
fascinazione dell’artista per le atmosfere metafisiche e per l’opera del maestro di Volos. Le sue
visioni oniriche abbracciano il senso profondo del lavoro dechirichiano, portando alle estreme
conseguenze il discorso intrapreso con la Vita di Voltaire, ciclo oggetto di una mostra alla
Fondazione Marconi nel 2019.

La metafisica è la via che Tadini segue per tracciare il suo percorso artistico, ed è lo strumento
mediante il quale supera il dualismo tra realismo socialista/arte informale. Approda, così, a una
nuova forma espressiva che gli consente di occuparsi della figura umana, in un momento in cui essa
viene estromessa dal lavoro degli artisti.

Emilio Tadini Archeologia con de Chirico 1972 Acrilico su tela 146 × 114 cm


Tadini esordisce in campo artistico con una pittura fiabesca, di chiara matrice surrealista, e la
sintesi che egli attua allo scadere degli anni ‘60 avviene proprio grazie all’adozione della chiave di
lettura metafisica: la materia pittorica si alleggerisce, le immagini risultano meno affollate, i fondi
si fanno chiari e spesso monocromi, suggerendo uno spazio più ideale che realistico.
Tadini, infatti, supera la nostalgia del maestro greco per lo spazio rinascimentale: esso si fa
evanescente, multidimensionale, concentra in sè differenti spazi e differenti istanti
contemporaneamente. Come coglieva Guido Ballo nel 1966, nel catalogo della mostra alla Galleria
il Punto di Torino, Tadini ha necessità di mettere in scena la realtà, ma la realtà allucinata del
sogno, una via di mezzo estremamente personale tra surrealismo e metafisica. Uno spazio allusivo,
una probabile “scena del crimine” in cui l’artista ci consegna elementi apparentemente slegati tra
loro, la cui interconnessione diviene generatrice di una narrazione che, tuttavia, spetta solo al
visitatore decodificare. I personaggi di Tadini agiscono in un contesto allusivo, sono figure ironiche,
senza volto in quanto impenetrabili psicologicamente e con le quali l’artista ci impedisce di entrare
in empatia. Tutto è ambiguo e tutto è possibile.

Lo stesso enigma ci coglie nell’atto della contemplazione delle muse di Giorgio de Chirico, rese
inquietanti proprio dal loro mistero, dalla loro collocazione casuale in uno spazio, così desolato, da
risultare irreale. Tadini stesso, allora, ribalta nelle sue opere queste posizioni casuali all’infinito,
generando nuove inquietanti relazioni, tutte possibili ma nessuna certa. E coglie, citandolo in tutto
il ciclo, un altro elemento dal lavoro dechirichiano, la maschera tribale, che racchiude dentro di sè
il senso del collocarsi all’interno di una tradizione, in un percorso evolutivo coerente che
dall’archeologia e dal classico, giunge fino a de Chirico come processo lineare. Per questo motivo
in mostra sono state inserite le maschere che hanno ispirato le opere di Tadini e che lo
circondavano nel suo studio di Milano, per gentile prestito della Casa Museo Spazio Tadini.
In mostra anche una versione bronzea degli Archeologi di de Chirico, soggetto a cui l’artista
dedicherà moltissime opere. L’archeologo come individuo che scavalca i tempi, ci viaggia
attraverso, riattualizza il passato, ricollocando la storia nel presente. Egli recupera frammenti di una
civiltà, estraniandoli dal contesto e riattualizzandoli. Allo stesso modo agisce Tadini, che attua un
recupero delle simbologie di de Chirico portandole al tempo presente, riscoprendo la storia e”Galleria Gracis è lieta di presentare la prossima mostra allestita negli spazi di Piazza Castello 16
dedicata al lavoro dell’artista milanese Emilio Tadini (Milano, 5 giugno 1927 – 25 settembre 2002).
Artista e scrittore poliedrico, Tadini ha indagato nell’arco della sua carriera una molteplicità di
tematiche, riunite solitamente in cicli, nella costante volontà di narrare la realtà a lui
contemporanea.

Emilio Tadini Archeologia 1973 Acrilico su tela 162 × 132 cm


Il progetto di mostra si concentra sul ciclo di opere raggruppate sotto il titolo di Archeologia e
Archeologia con de Chirico, realizzate da Tadini nei primissimi anni ’70. In esse emerge la
fascinazione dell’artista per le atmosfere metafisiche e per l’opera del maestro di Volos. Le sue
visioni oniriche abbracciano il senso profondo del lavoro dechirichiano, portando alle estreme
conseguenze il discorso intrapreso con la Vita di Voltaire, ciclo oggetto di una mostra alla
Fondazione Marconi nel 2019.

La metafisica è la via che Tadini segue per tracciare il suo percorso artistico, ed è lo strumento
mediante il quale supera il dualismo tra realismo socialista/arte informale. Approda, così, a una
nuova forma espressiva che gli consente di occuparsi della figura umana, in un momento in cui essa
viene estromessa dal lavoro degli artisti.

Tadini esordisce in campo artistico con una pittura fiabesca, di chiara matrice surrealista, e la
sintesi che egli attua allo scadere degli anni ‘60 avviene proprio grazie all’adozione della chiave di
lettura metafisica: la materia pittorica si alleggerisce, le immagini risultano meno affollate, i fondi
si fanno chiari e spesso monocromi, suggerendo uno spazio più ideale che realistico.
Tadini, infatti, supera la nostalgia del maestro greco per lo spazio rinascimentale: esso si fa
evanescente, multidimensionale, concentra in sè differenti spazi e differenti istanti
contemporaneamente. Come coglieva Guido Ballo nel 1966, nel catalogo della mostra alla Galleria
il Punto di Torino, Tadini ha necessità di mettere in scena la realtà, ma la realtà allucinata del
sogno, una via di mezzo estremamente personale tra surrealismo e metafisica. Uno spazio allusivo,
una probabile “scena del crimine” in cui l’artista ci consegna elementi apparentemente slegati tra
loro, la cui interconnessione diviene generatrice di una narrazione che, tuttavia, spetta solo al
visitatore decodificare. I personaggi di Tadini agiscono in un contesto allusivo, sono figure ironiche,
senza volto in quanto impenetrabili psicologicamente e con le quali l’artista ci impedisce di entrare
in empatia. Tutto è ambiguo e tutto è possibile.
Lo stesso enigma ci coglie nell’atto della contemplazione delle muse di Giorgio de Chirico, rese
inquietanti proprio dal loro mistero, dalla loro collocazione casuale in uno spazio, così desolato, da
risultare irreale. Tadini stesso, allora, ribalta nelle sue opere queste posizioni casuali all’infinito,
generando nuove inquietanti relazioni, tutte possibili ma nessuna certa. E coglie, citandolo in tutto
il ciclo, un altro elemento dal lavoro dechirichiano, la maschera tribale, che racchiude dentro di sè
il senso del collocarsi all’interno di una tradizione, in un percorso evolutivo coerente che
dall’archeologia e dal classico, giunge fino a de Chirico come processo lineare. Per questo motivo
in mostra sono state inserite le maschere che hanno ispirato le opere di Tadini e che lo
circondavano nel suo studio di Milano, per gentile prestito della Casa Museo Spazio Tadini.
In mostra anche una versione bronzea degli Archeologi di de Chirico, soggetto a cui l’artista
dedicherà moltissime opere. L’archeologo come individuo che scavalca i tempi, ci viaggia
attraverso, riattualizza il passato, ricollocando la storia nel presente. Egli recupera frammenti di una
civiltà, estraniandoli dal contesto e riattualizzandoli. Allo stesso modo agisce Tadini, che attua un
recupero delle simbologie di de Chirico portandole al tempo presente, riscoprendo la storia e
collocandola hic et nunc.”

EMILIO TADINI TRA ARCHEOLOGIA E METAFISICA
9 MAGGIO – 9 LUGLIO 2024

Opening: giovedì 9 maggio dalle ore 18 alle ore 20.30

Orari Galleria Gracis: lunedì-venerdì, 10.00-13.00 | 14.00-18.00 sabato su appuntamento

Ingresso libero T +39 02 877 807; gracis@gracis.com

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