All’istituto italiano di Cultura di Atene una mostra sulla Pop art italiana nel dopoguerra vede in mostra diverse opere di Emilio Tadini insieme a Valerio Adami, Franco Angeli, Enrico Baj, Lucio Del Pezzo, Gianfranco Pardi, Mario Schifano. La mostra è aperta al pubblico fino al 3 febbraio 2023. Le opere sono della collezione del Gruppo Bancario BFF . Il curatore è Maria Alicata Coordinamento Generale: Alessia Barrera , BFF & Sofia Crosta, BFF – Coordinamento editoriale: Chiara Cottone Coordinamento dei curatori, Atene: Aphrodite Oikonomidou.
Ambasciatore d’Italia ad Atene Patrizia Falcinelli pre la mostra
La mostra è stata presentata con grande successo a Bratislava e Varsavia e dal 1 dicembre 2022 al 3 febbraio 2023 la terza edizione della mostra itinerante sarà ospitata ad Atene, nello spazio appositamente allestito dell’Istituto Educativo Italiano di Atene.
Le sue prossime città di scalo saranno Lisbona, Madrid e Parigi. Dopo aver completato il suo viaggio in Europa, la mostra dovrebbe essere ospitata in “Casa BFF”, la nuova sede del gruppo a Milano, dove verrà creato un apposito museo, in cui le opere saranno esposte in modo permanente.
L’Ambasciatore d’Italia ad Atene Patrizia Falcinelli ha aperto la mostra, sottolineando tra l’altro che “Dopo il grande successo che ha avuto a Bratislava e a Varsavia, la mostra ” ART FACTOR – The Pop Legacy in Post – War Italian Art ” approda finalmente ad Atene, dove sarà ospitato dall’Istituto Scolastico Italiano. Come Ambasciatore d’Italia in Grecia, sono particolarmente felice di vedere questo progetto prendere forma, in quanto permetterà di presentare al pubblico greco uno spaccato della produzione artistica italiana della seconda metà del Novecento, che non è certo il patrimonio artistico più noto, ma altrettanto affascinante quanto gli altri. »
La Fondazione Corriere della Sera organizza il 21 settembre alle ore 18 presso la Sala Buzzati in via Balzan 3 a Milano, un incontro in memoria di Emilio Tadini a vent’anni dalla morte in collaborazione con Casa Museo Spazio Tadini e l’archivio.
Foto courtesy of Fulvia Farassino
Intervengono Anna Modena Già docente di Letteratura italiana contemporanea e Storia dell’editoria, Università degli Studi di Pavia Grazia Varisco Artista Vincenzo Trione Critico d’arte e Preside Facoltà di Arti e turismo, Università IULM di Milano Paolo Di Stefano Corriere della Sera
Modera Giangiacomo Schiavi Corriere della Sera
Emilio Tadini fu poeta, pittore, scrittore, conduttore di programmi culturali nonché penna del Corriere della Sera dal 1992.
Il 24 settembre di vent’anni fa, all’età di 75 anni moriva lasciando un vuoto nel panorama artistico e culturale. Umberto Eco lo definiva “un pittore che scrive e uno scrittore che dipinge”. Dedicò particolare attenzione alla città di Milano dove era nato, lavorava e dove diresse, prima della morte, l’Accademia di Belle arti di Brera.
Courtesy of archivio Castaldiph Tagliabue Alberto anni 90
L’incontro vuole essere un omaggio, ma anche un’occasione per mettere in evidenza l’estrema attualità del lavoro di ricerca di Tadini che trattò argomenti come “La distanza”, il rapporto con la figura nel saggio L’occhio della pittura, i profughi, le città, il ruolo dell’immaginario e sempre con un linguaggio ricercato, mai banale e altamente simbolico.
Per “riscoprire” i grandi temi trattati dall’artista e approfondimenti sarà possibile svolgere visite guidate presso la Casa Museo Spazio Tadini in via Jommelli, 24 a Milano dove l’artista ha vissuto e lavorato e oggi è la sede dell’Archivio a cura di Melina Scalise con la collaborazione di Luca Pietro Nicoletti, Francesco Guzzetti, Giacomo Raccis.
Sono previsti al museo, nel corso dei prossimi mesi, diversi incontri con ricercatori e studiosi.
L’Occhio della pittura inaugurazione 1978 foto di Maria Mulas
Attualmente in mostra La città: l’Etico e lo Spazio a cura di Melina Scalise il primo incontro il 27 settembre alle ore 21 con la lettura del dialogo tra Zero e Uno dell’opuscolo Città Italiane (per dettagli sul programma www.spaziotadini.com).
Qui sotto immagini del Convegno su Emilio Tadini organizzato da Fondazione Corriere della Sera nel 2004, a due anni dalla morte.
CONVEGNO ” LE FIGURE LE COSE ” SU EMILIO TADINI A PALAZZO REALE
Inaugura il 3 febbraio alle ore 18 presso la Galleria Giò Marconi, in via Tadino 20 a Milano una mostra di Emilio Tadini su opere anni 70 sul tema Viaggio in Italia. Si tratta di una delle prime esposizioni ed iniziative che caratterizzeranno questo 2022 in cui ricorre il ventennale dalla morte dell’artista avvenuta il 24 settembre del 2002.
Giò Marconi, figlio del gallerista storico di Emilio Tadini, Giorgio Marconi, rinnova l’appuntamento con questo artista storico della galleria dopo una mostra già dedicata al ciclo anni 70 svoltasi lo scorso anno in fondazione “Davanti agli occhi, dietro lo sguardo” , durante la quale è nato anche il progetto per un libro a cura di Francesco Guzzetti dopo una visita all’archivio, presso la Casa Museo Spazio Tadini, in via Jommelli 24 a Milano, dove dono conservati alcuni scatti fotografici dell’artista. Nelle immagini sono raffigurati alcuni oggetti iconici della sua pittura come le poltrone, i pennelli, le composizioni di alcune nature morte e via così suggerendo una riflessione sul metodo, sull’analisi del paesaggio, sulla ricerca della composizione e della relazione con l’oggetto quotidiano nella poetica di Emilio Tadini.
L’inaugurazione della mostra che apre il 3 febbraio sarà anche l’occasione per presentare il libro di Guzzetti con Fondazione Marconi.
Nella mostra Viaggio in Italia, questi oggetti iconici della pittura dell’artista sono ben visibili. Raccontano l’attenzione di Tadini verso la relazione tra l’uomo e l’oggetto e la loro simbologia.
Dal quaderno 4 del Centro studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma 1984 : “Emilio Tadini” (Archivio Emilio Tadini).
A Pagina 41 scrive Emilio Tadini:
“Ci sopravvivono, le cose. La materia di cui è fatto il nostro corpo è più vulnerabile, più fragile, più effimera. Così le cose, nel dipinto, sembra che restino indietro, ferme. A volte è come se allungassimo le mani senza poterle toccare. Non è anche ogni natura morta archeologia? Oggetto di una scienza del passato, delle cose dipinte. Simbolo silenzioso di un’esistenza respinta ormai verso il bordo dell’incomprensibile? Le cose quotidiane, dipinte in una natura morta, non sembrano alzare la loro minuscola mole ai limiti del tragico? E allora può darsi che il sacro e il terribile riescano a stare insieme – attraendosi, respingendosi – in una tazza, in un vasetto, in una mela. Che carica di Energia smisurata!…Il valore. Il tragico. Da un fuoco all’altro oscillano le figure. Anche le figure semplicissime delle cose quotidiane. Lentamente a quei fuochi si consumano”.
Natura morta di Emilio Tadini
Come si evince da queste riflessioni dell’artista le cose, i frammenti archeologici che costituiscono il paesaggio dei dipinti Viaggio in Italia sono, in qualche misura un’espressione del tempo, del limite, della caducità del vivere, della ricerca di fermare il tempo, di portare al presente il passato attraverso elementi archeologici di conservazione ed esaltazione del valore storico e bello delle cose andate.
L’oggetto diventa esso stesso spazio e tempo. Nelle tele di Tadini si confondono spazi e tempi, tutto si mescola, come in un sogno, nella dimensione più o meno conscia dell’essere e dell’esistere.
Nel quaderno degli appunti anni 70 Tadini annota alcune riflessioni su alcuni concetti che voleva esprimere nei suoi dipinti (dall’Archivio Emilio Tadini):
“Tema del ritorno ma nel presente, la costituzione di una dimensione oggettiva “naturale – interiore” una specie di scenografia per una cosmogonia per un sistema naturale. Paesaggi come luoghi di una riconquista, di una possibilità di totalità. (Anabasi e il De Rerum Natura). Problema non di “artificializzare” la Natura, ma di inglobare in una “naturalità” i nostri oggetti, di dar loro una “significatività naturale”. Elementi naturali (ghiaccio n.d.r.) con oggetti (rubinetti, per esempio)”.
In pratica per Emilio Tadini in Viaggio in Italia non c’è il senso della scoperta del paesaggio Naturale e della storia, ma soprattutto il ritrovamento, in quel paesaggio, dell’uomo stesso. Così fu, per esempio il viaggio di Goethe citato nel dipinto di Tadini Viaggio in Italia riportato all’inizio dell’articolo (per quel dipinto Tadini si è ispirato a un disegno di Tischbein che ritrae Goethe a Roma affacciato alla finestra). Lo scrittore in Italia non scoprì la storia e i luoghi della cultura, ma, come lui stesso affermò, soprattutto se stesso.
Tadini in pratica ci suggerisce che in realtà nessuno potrebbe cercare se stesso senza un’interazione con il mondo e gli oggetti sono parte significativa del nostro paesaggio.
La responsabile dell’archivio Emilio Tadini, Melina Scalise, organizza visite guidate alla mostra presso la galleria Giò Marconi su prenotazione (archivioemiliotadini@gmail.com)
Emilio Tadini a Palazzo Reale di Milano nel 2001. Pittura e ideologia, di Arturo Carlo Quintavalle. La fatica della pittura… – scrive Emilio Tadini – La fatica, prima di tutto, del consistere. Di una figura, ma non solo. Davvero, come quando si mette faticosamente insieme un oggetto secondo la tecnica del bricolage. E cioè mettendo insieme pezzi che non c’entrano, che provengono ognuno da un organismo e da una storia diversi. Pezzi che sono in qualche modo sopravvissuti a una separazione, a una consumazione, a una distruzione. Pezzi che sono sopravvissuti, comunque, allo sciogliersi di un intreccio – di un testo – di legami, di relazioni. Ridotti, quei pezzi, da organici che erano, praticamente, a inorganici. Per essere alla fine inseriti, innestati, in un altro organismo – Dalcatalogo della mostra a Palazzo Reale edito da Silvana Editoriale.
Dunque dipingere è costruire un testo, anzi ricostruirlo, scomporlo e ricomporlo. Tadini ha in questo senso una lunga storia ma il suo modo di scomporre e ricomporre, appunto, i testi, non è sempre eguale a se stesso, non è sempre dipendente dallo stesso modello ma fa riferimento a culture, a scelte, a tradizioni differenti. Così se analizziamo gli antichi Paesaggio con figure del 1960 scopriamo che la dimensione del “collage” della memoria che Tadini propone è molto prossima all’esperienza kleeiana; addirittura l’uccello in primo piano sembra essere quasi una citazione dagli “orti conclusi” di quel pittore. Ma presto, in quel sistema di racconto che faceva riferimento alla memoria letteraria, alla memoria pittorica, ma pur sempre a un mondo del passato dove gli elementi singoli, i frammenti, le allusioni, si sovrapponevano, presto in quel mondo si inserisce come a scardinarlo la contestazione, la contestazione che viene dalla ricerca della Pop Art, quella inglese, non quella statunitense. E qui dobbiamo riflettere sul valore, civile di quella scelta. (continua a leggere)
Emilio Tadini tra i più grandi artisti italiani del nostro secolo – di Dieter Ronte, in “Emilio Tadini alla tedesca” dal catalogo (Silvana Editoriale) edito in occasione della grande mostra antologica a Palazzo Reale di Milano del 2001. Agli occhi dei tedeschi l’arte di Tadini appare difficile da capire. Per quanto ricca di suggestioni, per quanto, una volta contemplata, fatichi a uscire dalla memoria, tuttavia i suoi ricordi si sovrappongono a quelli di Beckmann, agli eroi del pensiero nordico, del nordismo, là dove tutto si allunga irrazionalmente, dove tutto si riunisce. Dove s’incontrano cose che in realtà sono al di fuori della logica, e che pure, se interrogate e indagate, possono fornire risposte esatte. Motivi sufficienti, questi, per studiare Tadini.
No, Tadini non è un italo-tedesco travestito, il polo opposto del tedesco romanizzato, ma un pittore da interpretare in tutto e per tutto alla luce della tradizione italiana, e che, ciononostante, ha acquisito un senso anche per l’arte tedesca, non solo come pittore (o forse sì?), ma tanto più come critico, come colui che, sul “Corriere della Sera”, il suo giornale milanese, parla di arte a livello internazionale: esemplare, sempre interessante, sempre sorprendente. Attraverso la parola, Tadini ci comunica un’apertura di cui forse solo un letterato è capace.
Qui cominciano le difficoltà per noi che guardiamo con occhi tedeschi: abbiamo imparato che si può essere pittori, scrittori, critici o altro, ma mai tutte queste cose insieme. E dimentichiamo che anche nella cultura tedesca esistono artisti che scrivono e dipingono, che fanno critica; in breve, artisti che sono estremamente informati.
Tadini è un superinformato, uno che è in grado di convogliare, quasi di immagazzinare le informazioni, per poi richiamarle alla mente come un computer e trasformarle in parole o immagini. Iniziamo a percepirlo nei suoi primi romanzi, continuiamo a leggerlo nei testi critici e nell’ultima produzione letteraria, così come possiamo viverlo davanti ai suoi dipinti. L’artista abbandona l’arcadica serenità del mondo per approdare a una riflessione critica. Cerca risposte che non rappresentino la realtà affermativamente, ma che la modifichino, progressivamente. (continua a leggere)