Museo City – Emilio Tadini

Nell’ambito dell’iniziativa Museo City che mette in luce tutti i luoghi museali della città di Milano, Emilio Tadini, il pittore, scrittore e saggista scomparso nel 2002 a Milano, è stato presente all’ interno di tre sedi: la Casa Museo Spazio Tadini, il Centro Artistico Alik Cavaliere e il museo della Kartell.

logo-1La casa Museo Spazio Tadini e Il centro artistico Alik Cavaliere sono gemellati all’interno del progetto Storie Milanesi che raggruppa 15 luoghi della città dove hanno vissuto o lavorato artisti, scrittori o designer che hanno dato un forte contributo artistico e culturale alla città di Milano.

La Casa Museo Spazio Tadini è stata fondata in memoria di Emilio Tadini da Francesco Tadini, suo figlio, regista e autore televisivo e la giornalista Melina Scalise in un palazzo, appartenuto alla famiglia Tadini in cui aveva sede una tipografia storica U.Marucelli & C. Un luogo da scoprire e da frequentare per le numerose proposte culturali che offre. Nel Museo è possibile vedere dal vivo delle opere di Emilio Tadini e ripercorrere la sua carriera artistica e letteraria tanto quanto la sua storia. Tadini, essendo nato da padre tipografo ed editore quale proprietario della storica C.Marucelli &C. che tra la fine Ottocento e i primi del Novecento ha avuto un ruolo di rilievo nell’editoria commerciale ed industriale, in particolare farmaceutica. Presso la Casa Museo si ospitano, ogni mese, mostre d’arte e si organizzano eventi culturali e artistici.

kartellPer Museo City Spazio Tadini ha ospitato un’opera dell’amico di Emilio Tadini, Alik Cavaliere, mentre quest’ultimo ha ospitato un’opera di Emilio Tadini. I due erano amici dalla giovinezza, dai tempi del Bar Giamaica in quella Milano tutta da ricostruire dopo la seconda guerra mondiale.

Tadini è presente in un altro museo dell’area metropolitana il Museo Kartell a Noviglio dove è esposta una grande tela dell’artista dal titolo “La sedia”.

 

 

 

 

Gli amici Alik Cavaliere ed Emilio Tadini

Emilio e Alik sono stati amici da sempre, difficile risalire a un inizio. Hanno cercato la loro strada in un’epoca nuova, aperta al futuro, che affiorava dalle macerie di una Milano sfregiata dalla guerra. Alik ricordava spesso l’entusiasmo con cui lui, Emilio e il loro gruppo di giovani amici incontravano, per la prima volta, la realtà della cultura e dell’arte internazionali, che il regime aveva occultato con una severa censura. In questa temperie cosi innovativa, nell’entusiasmante scoperta di un confronto libero e aperto, Emilio e Alik sono particolarmente accomunati dalla pluralità delle vocazioni, l’amore per la letteratura, l’attrazione per il teatro e il cinema, e la sempre più assorbente passione per l’arte figurativa, interpretata al di là dei confini di genere. Questa complessità di ispirazioni, che si integra con la profonda sensibilità culturale di entrambi, ha fatto sì che tra loro vi fosse un dialogo aperto, costante, anche polemico e conflittuale in certi casi, ma sempre ricco di cultura e fecondo di suggestioni.

 

n154a_cavaliereridEmilio Tadini sul lavoro di Alik Cavaliere

Il brano qui riportato è tratto dall’archivio del Centro Alik Cavaliere Le avventure di Gustavo B., cat. mostra Galleria Levi, Milano, 1963.

“…Il surrealismo che agisce in queste sculture non riguarda l’iconografia o le esteriorità di una maniera dell’immaginazione. Riguarda qualcosa di più profondo: la libertà delle associazioni, l’imperturbabilità certe volte quasi svagata nei rapporti con ogni oggetto, quale che sia la sua natura e la sua capacità di mutare. Non è possibile stabilire l’esatta proporzione in cui si mescolano commedia e tragedia, banalità e invenzione, ironia e abbandono. Ma è proprio il riconoscimento dell’impossibilità di questa definizione ad aprirci la strada giusta per entrare in questo mondo, in queste storie, tra questi personaggi: dentro a questi fatti tanto ambigui e limpidi. Poi, dopo la provvisoria parola fine, avremo il tempo di renderci conto dell’eccezionale valore del fatto artistico cui abbiamo occasione di assistere.”

 

 

 

 

 

Alik Cavaliere sull’opera di Emilio Tadini

emilio-tadini-tondo“Con Tadini vorrei fare dei quadri spazio, stanze, abitate dai suoi personaggi letterari tramutati in fantasmi.” Disse Alik nel 1974 sul lavoro di Emilio Tadini. “L’Emilio”, così lo chiamavano tutti, disegnava ininterrottamente su qualunque taccuino. Amava raccontare la città, ricostruire i profili e i caratteri dei suoi abitanti come nel suo libro “La tempesta” diventato anche spettacolo teatrale in cui descrive il dramma di Prospero, personaggio della periferia della città e della vita. Tadini era un indagatore dell’animo e del pensiero dal quale attingere idee, ricevere stimoli.

Così lo descrive Alik nel 1975 appuntandosi il pensiero sui taccuini: “L’Emilio è uno dei rari personaggi con i quali ci si può confrontare per avere suggerimenti e consigli. Tutti gli altri (o quasi tutti) si mettono subito a spiegarti che fin da bambino hai sempre sbagliato tutte le scelte e ti predicano, cogliendo al balzo l’occasione, la verità unica che solo loro possiedono.”

Per Tadini le immagini, le parole, lo spazio del sogno avevano un legame indissolubile attratto com’era non solo dall’arte e dalla filosofia come dimostrò nel saggio “La distanza”, ma anche dalla psicoanalisi e in particolare da Lacan.

Rivedo da Marconi l’Emilio ed i suoi ultimi quadri – scrive Alik nel 1983 sul taccuino -. Ne parla come fosse non l’autore, ma il critico. Mi spiega, con un discorso “costruito” e ripetuto – per lo meno nel tono e nelle parole – che il gioco dell’infanzia è con la sua invenzione, non schematizzabile, il patrimonio dell’arte moderna – e cita Chagall e il primo Kandinsky; poi – quasi a confermare la tesi che espone – mormora il nome di Freud. Io provo a parlare anche del quadro, della pittura (….) In realtà, anche per l’Emilio il quadro è più dipinto ed una certa pittura crea un’atmosfera che avvolge gli oggetti fluttuanti, ciò che prima non c’era….”.

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